Maria Natalia Iiriti
Maria Natalia Iiriti è nata il giorno di Natale del 1970 a Melito Porto Salvo (RC).
Ha completato gli studi in Scienze Politiche a Perugia. Collabora con giornali locali.
Attualmente fa l’insegnante e vive in un paese che si affaccia sul mare. Ha partecipato a premi di poesia a sua insaputa. Ha due sorelle e quattro nipotini che le ispirano la maggior parte dei suoi versi e delle sue storie. È amante dei bambini, della musica etnica e dei tramonti sul mare.
Ama cantare e suona la chitarra che le ha regalato suo padre.
Le piace leggere e viaggiare in treno. Spesso cucina per i suoi amici che non sono mai a dieta.
Abbozza le storie che gli vengono in mente mentre guarda fuori dal finestrino del treno che la porta al lavoro o in giro per l’Italia.
Pensa che la fantasia e la realtà facciano a gara per superarsi.
In questo momento è molto felice.
Ora che le nuvole
Ora, che le nuvole
non trattengono più la pioggia,
sono felice
nella delizia di una pozzanghera.
Lieta, la canzone dell’acqua nuova
riempie di note liquide
il pomeriggio di un marzo gentile,
e ostenta il profumo di pulito
che la memoria della mente non ricorda.
Cosciente del miracolo
che si compie attorno a me,
avvicino le mani e il capo
al battesimo laico
che mi sorprende come il regalo
di un cielo generoso.
Attendo il brivido che rincorre le gocce,
rito propiziatorio di speranza e tenerezza.
Sei nell’anima delle cose,
delizia effervescente dei pensieri
e centrifuga di ricordi
che si amalgamano
nel liquido aroma dell’anima in cammino.
Ora che le nuvole
non trattengono più la pioggia
canta la vita una canzone d’acqua nuova.
LA POESIA DELLA SOLITUDINE
Risolta l’ansia dell’amore
me ne sto seduta
davanti all’ombra della pioggia silenziosa.
Oggi scrivo una poesia alla mia solitudine feconda
che, fra virgole e parentesi,
accende i tratti dell’ovvio quotidiano.
Nel rettilineo senso delle giornate d’inverno
la solitudine rende prezioso
l’insipido sapore di certi giorni,
proprio come la perla che si immagina
rende uniche le valve dell’ostrica.
Oggi dedico il mio pomeriggio alla solitudine
che occupa una sedia attorno al tavolino
e mi tiene per mano
e se ho fame mi nutre
e se ho sete mi porge un bicchiere
di vetro sottile sulle labbra secche.
E occupa il tuo posto nel mio letto
e tende generosa il tuo cuscino
ora che il tuo capo riposa altrove.
Smorza l’impazienza impertinente
la mia solitudine compagna
e obietta alternative entusiasmanti
al vizio ottuso di lasciarsi andare.
Oggi scrivo della mia solitudine,
ultima traversina di un binario morto
e risveglio deciso dall’apnea dei sentimenti.
Compete con la pioggia la solitudine
e l’acqua che scende
non ovvia la quieta compagnia
di un tiepido pomeriggio solitario.